sabato 9 luglio 2011

Echo


Avete visto il fantasma di Warhol a Union Square? Solo qualche isolato piu’ a nord spunta un’altra figura spettrale. Non e’ esuberante come il Re dell’Arte Pop nel suo abito cromato, bensi’ algida e marmorea come una montagna innevata.
E’ Echo, la prima opera newyorkese del celebre scultore catalano Jaume Plensa.
Plensa e’ noto per la realizzazione di sculture dal forte impatto spaziale ed emotivo. Echo e’ ad oggi l’opera scultora di maggiori dimensioni ad avere occupato l’oval loan di Madison Square park.

Ma non e’ la maestosita’ bensi’ la “dimensione” emotiva a sorprendere di piu’.
Echo e’ una bambina spagnola di nove anni, assorta nelle proprie fantasie e nei propri sogni. Plensa si e’ inspirato alla figlia del proprietario di un ristorante cinese di Barcellona, situato vicino allo studio dell’artista.
Nonostante le dimensioni imponeneti (12 metri in resina di fibra di vetro, coperta da polvere di marmo) la tranquillita’ del volto si irradia tutt’intorno, dagli alberi al prato, dalle automobili ai grattacieli, fino a raggiungere lo spettatore che incantato la osserva.
E’ un messaggio di serenita’, di pace e armonia.
L’opacita’ della superficie e la forma morbida conferiscono il carattere “spettrale” alla scultura, quasi effimero, facendola apparire come un’ologramma di luce proiettato nel giardino. E qui si svela la brillante intuizione di Plensa: conferire ad una scultura marmorea, alta quanto un palazzo, il dono della leggerezza.
Echo sembra addormentata, lontana dalla frenesia della citta’. Il tempo si ferma, e lo spettatore la insegue, libero in questo gioco dimenticato.

Echo e’ anche un riferimento alla mitologia greca: la ninfa, nota per la sua curiosita’, venne privata dell'uso della parola e condannata a ripetere solo le ultime parole udite.
La Echo di Plensa in silenzio, con gli occhi chiusi, rimane in ascolto dei rumori che avvolgono la citta’, dei sussurri, quasi dei pensieri dei passanti che si fermano a guardarla. Li custodisce e li restituisce, inducendo nello spettatore un coinvolgimento tale da farlo rimanere a lungo in silenziosa introspezione.
L’obiettivo e’ restituire alle persone consapevolezza della propria voce interiore. Dice Plensa:
“Molte volte parliamo e parliamo, senza chiederci se usiamo parole nostre o ripetiamo solo messaggi nell’aria. La mia intenzione e’ offrire qualcosa di talmente bello da stimolare una reazione immediata nelle persone, in modo tale che si chiedano “Cosa sta accadendo?”, e in questo modo, interrogandosi, possono dare ascolto a loro stessi.”

Plensa abbandona il linguaggio astratto, frequente nell’arte moderna e contemporanea, per attingere invece alla vita di tutti i giorni, ed in particolare alle  persone comuni.
A renderlo un artista di fama internazionale e’ stata l’installazione “Crown Fountain” al Millennium Park di Chicago, dove due grandi teleschermi, collegati da una vasca, proiettano volti degli abitanti di Chicago. C’e’ chi sorride, chi sgrana gli occhi, chi osserva. Poi all’improvviso le labbra si uniscono e nasce una fontana, che rende cosi’ i volti umani non solo oggetto ma anche agenti dell’installazione.

Per la realizzazione di Echo, Plensa si e’ avvalso di programmi grafici e alta tecnologia. Dapprima ha realizzato delle fotografie digitali in formato tridimensionale, successivamente ha modificato i tratti del soggetto, eliminando i connotati caratteristici e rendendolo maggiormente iconico. Un macchinario ha prodotto il modello in plastica, poi il prototipo e infine la scultura.
Echo e’ composta di 15 pezzi realizzati in Spagna e assemblati su un’ impalcatura di metallo. E’ la stessa tecnica utilizzata dagli antichi romani nella costruzione delle colonne: numerose lastre unite da un sottile filo di piombo.
Molte delle persone che hanno lavorato con Plensa hanno riscontrato non pochi problemi tecnici per la realizzazione del progetto, ma Plensa ha sempre risposto serafico “ci penseremo dopo”.
Questa calma apparente racchiude in realta’ un messaggio caro a Plensa: “La tecnica puo’ diventare un’ostacolo se pensata in anticipo. Per prima cosa e’ necessario sognare. Poi si trova la soluzione”.
Perche’ “quando sogni, tutto diventa possibile”.


mercoledì 6 luglio 2011

Etchiu'


Che un estraneo vi dia la sua benedizione, mentre scendete le scale o camminate per strada, mentre fate la spesa o la fila ad un museo, e' a New York un fatto del tutto naturale.
Quando l'aria nelle vostre narici crea fastidiosi pruriti, non potrete far altro che rispondere con un potente e rumoroso starnuto, e verrete benedetti in coro.
Il nostro "salute" assume significati trascendenti in America, traducendosi in un God bless you, “che Dio vi benedica”.

Il galateo new yorkese contempla svariate gentilezze: e’ facile che un estraneo ceda il posto sul metro’ per farvi sedere accanto ad un amico, e le porte degli ascendosori vengono tenute aperte per i ritardatari.
Ma il massimo della galanteria si esprime col raffreddore, quando un perfetto sconosciuto “benedira’ ” la vostra salute.
Qualora lo starnuto fuoriesca piu' volte, la benedizione si ripetera’ con enfasi e sentimento crescenti, in una filastraocca infinita di "Etchiu'! Bless you! Etchiu! Bless you!".
Lo starnuto non si libera nell'aria, ma viene custodito nella piega interna del gomito. La mano davanti alla bocca, infatti, e’ segno di incivilta’ a New York,
dove tutti vi guarderanno con sdegno qualora la tendiate successivamente per presentarvi o per mangiare.
Il gomito, invece, e’ un rifugio sicuro: dello starnuto benedetto, non rimane traccia.