venerdì 24 dicembre 2010

Natale in Dykers Heights


Nella profonda Brooklyn c’e’ una strada, buia e silenziosa undici mesi l’anno, tripudio di luci al dodicesimo. Nel distretto di Dykers Heights, raggiungibile dal capolinea della metro R, c’e’ una strada, anzi un incrocio, che celebra il Natale a New York nel modo piu’ suggestivo. Come un miraggio nel deserto, l’incrocio illuminato appare da lontanto a turisti e curiosi che, sulla scia di luci intermittenti e tintinnio di campanelli, attraversano molte Avenue di oscurita’ per incontrare Santa Claus.

I piu’ accorti arrivano a bordo di fuori strada, creando ingorghi colossali. Dai finestrini spuntano telefonini che immortalano le decorazioni: Gesu’ Bambino accanto allo Schiaccianoci, Babbo Natale tra l’asinello e il bue, gli immancabili Penauts e tutta la banda Disney in veste natalizia. Agli angoli delle strade, pupazzi di neve con nasi a carota sorvegliano le case decorate, mentre i bambini attendono in fila l'arrivo di Babbo Natale. E accanto al trionfo di luci e colori, anche l’orecchio vuole la sua parte: i grandi classici, da Jingles Bells a White Christmas, da Frosty the Snowman al Santo Natale, risuonano nell’aria rendendo l’atmosfera ancora piu’ magica e surreale.


lunedì 29 novembre 2010

Live, Work, Create.



Questa foto e’ stata scattata a Carroll Garden, pittoresco quartiere della profonda Brooklyn, ricco di vento e romantici tramonti, in una delle tante gite “fuori porta” che riempivano le fredde giornate prenatalizie.
Carroll Garden appartiene, assieme ad altri due quartieri, ad un’area piu’ ampia e dai confini indefiniti, chiamata BoCoCa, secondo la maniera Americana di abbreviare qualsiasi nome, preferendo le sigle alle parole.
La strada principale, Smith Street, e’ un lungo rettilineo colorato, pieno di ristoranti, mercati di antiquariato, polverosi negozi di vinili e antiche pizzicherie dal sapore italiano.
Riempie gli occhi di colori e di curiosita’.
Mentre volgevo le spalle al tramonto, risalendo verso est e affrontando il vento, tre parole, semplici, chiare, scritte su un muro, mi colpirono. Solo tre parole.
Non un murales in bianco e nero ne’ un’esortazione di artisti di strada.
“Live, work, create” e’ infatti lo slogan di una marca di abbigliamento, la Brooklyin Industries, brand giovanile con venature chic.
E lo spirito Americano emerge laddove un brand non e’ teso solo a catturare l’attenzione, ma vuole bensi’ comunicare – anche attraverso la pubblicita’ – qualcosa che lo rappresenta e in cui crede, con onesta’.
L’importanza dell’esperienza, tenere gli occhi ben aperti, l’orecchio sempre teso a suoni, richiami, scricchiolii; farsi coinvolgere dagli eventi e dalle persone, dalle parole e dagli incontri: Live.
L’impegno e la serieta’ delle intenzioni, mettersi alla prova per migliorare il mondo ma prima di tutto se stessi. Studiare, capire, approfondire, produrre, realizzare: Work.
Esprimere se stessi e riprodurre quel che siamo, materializzandoci in artefatti; giocare con la conoscenza e con la storia, con parole e nozioni, arricchirle del nostro vissuto. Sognare il futuro, mescolare il passato, tingere il tutto con immaginazione e fantasia: Create.
Ma queste parole rischierebbero di rimanere sterili tratti in tinta nera, fermo imagine immortalato su un muro, se non fossero raccolte e riempite di senso, custodite o ricondotte alla realta’ di ogni giorno, di ogni gesto.
Il ragazzo con la giacca rossa, sfugge all’obiettivo continuando nel suo cammino, prosegue nella strada in discesa incontrando il tramonto.
E con il suo movimento cattura le lettere e le incorpora tutte: perche’ lui Vive, Lavora, Crea.


venerdì 26 novembre 2010

Thankful


Timido pennuto dall'aria distratta, succulento volatile di regale stirpe, il tacchino e' l'indiscusso protagonista del novembre americano: ruba la scena alla zucca, lascia nell'ombra Babbo Natale. Dal mercatino naturale di Union Square fino agli eleganti supermarket dell'Upper East, il tacchino la fa da padrone, spunta dalle vetrine come una diva dalle riviste patinate. Attorno a lui un rituale di adorazione: scuole apposite insegnano a riconoscerne l'origine ruspante, a seconda di color di piuma o consistenza di coscia. La macchina del Thanksgiving si mette in moto: non solo la ricerca del tacchino perfetto, ma anche il succulento contorno di stuffing al mirtillo o noce tostata. E mentre il pennuto e’ ricoperto di mille attenzioni, fuori dalle case, nelle strade, ha luogo la parata piu' improbabile: sulla Broadway sfilano mastodontici palloni gonfiati, niente a che vedere con le processioni dei santi: i puffi, Hello Kitty, l’uomo ragno sono i protagonisti. I new yorkesi estasiati restano col naso all’insu’, mentre il tacchino arrostisce nel forno. A loro modo, gli Americani ringraziano.


domenica 7 novembre 2010

Maratona

Una fredda mattina di novembre, la nebbia avvolge il Verrazzano bridge, Brooklyn sembra quasi un miraggio.
Dall'altra parte del ponte, sull'isola di Staten Island i corridori della maratona aspettano. Sono 37 mila, arrivati da tutto il mondo, saltellano per il freddo e la tensione. Solo i battiti del cuore rimbombano nel silezio ovattato del ponte sospeso.
La célèbre maratona di New York non e' solo una sfida contro se stessi, e’ anche metafora del rapporto con la citta’: New York offre mille opportunita’, ma e’ una citta’ da conquistare, centimetro dopo centimetro.
Snodandosi tra cinque quartieri, la maratona lega diverse culture: gli ebrei ordotossi di Brooklyn, gli italoamericani del Bronx, la comunita’ indiana di Jackson Heights. Gli altoparlanti annunciano vittorie e ritiri in tutte le lingue del mondo, il pubblico e’ presente e generoso: offre sostegno e canti gospel per alleviare la fatica.
Il traguardo e’ il cuore verde di Manhattan. A chi pirma arriva vanno i 600 mila dollari in palio. Gli alteti, sfiniti di gioia e di fatica, si lasciano cadere nell’erba, riprendono fiato al fresco dei prati, nei campi di fragole di Central Park.



domenica 31 ottobre 2010

trick or treat?

Suonerranno alla vostra porta e un brivido vi correra’ lungo la schiena.
Nella notte piu’ stregata di New York, tra mostri e lupi mannari, anche l’Empire State Building si vestira’ a festa, tingendo le finestre d’arancio e indossando il cappello da strega.
La parata di Halloween e’ la piu’ amata dai new yorkesi: lungo la 7th avenue scende tutta la citta’. Maschere che superano l’immaginazione, sfidando ogni allegoria. Gli elementi della tavola chimica vestiti da reali inglesi o i bastoncini del tetris in combutta tra loro, i gemelli pinco panco e panco pinco, Lucy van Pelt e il banchetto di limoni: e’ una festa che unisce generazioni e comunita’.
Nelle periferie dei quartieri, mamme dai grembiuli candidi sfornano frittelle e pretzel per il tradizionale dolcetto-scherzetto, mentre i bambini si rincorrono in strada, suonano i campanelli, collezionano leccornie.
E per chi e’ un po’ cresciuto, c’e’ il tour delle case stregate: si va di casa in casa, lungo percorsi tenebrosi, per ammirare le lugubri decorazioni. Bare al posto di porte, lapidi dove c’era il giardino: vampiri, streghe e lupi mannari per una notte sostituiscono i padroni di casa.


martedì 28 settembre 2010

Sigaretta al chiar di luna



Non resta che il marciapiede.
Per gli accaniti tabagisti di New York il ciglio stradale e’ l’ultimo baluardo di una battaglia che si annuncia estrema.
Coney Island, Central Park, perfino Times Square: saranno elette a “smoke free area”, diventeranno zone di frontiera.
La tolleranza zero amplia il divieto del 2003 che vieta il fumo nei locali, e si affianca a politiche di rincaro dei prezzi e pubblicita’ shock.
Si millantano battaglie ambientaliste (il 75% per cento dell’immondizia da spiaggia e’ composta da mozziconi) e ragioni salutiste: motivazioni non troppo credibili in una delle metropoli piu’ trafficate del mondo.
Non mancano le perplessita’ sui limiti del divieto: e’ consentito in casa e nel proprio veicolo, ma resta il dubbio del marciapiede: che fare in caso di folata invadente? La valutazione ambigua favorisce il proliferare di multe, dai 50 ai 250 dollari, che rimpinguano le casse dello Stato.
E tra i dissidenti, nasce il partito della sigaretta al chiar di luna, romanticamente fumata sulle scale antincendio dei vecchi palazzi di New York.

PUBBLICATO IL 21 OTTOBRE 2010 SUL N.42 DI A "Sigaretta al chiar di luna"


lunedì 20 settembre 2010

Underbelly Project

Si respira arte nei sotterranei di New York.
In una stazione metropolitana abbandondata sorge un museo di street art, galleria indipendente e illegale, lontana dagli occhi indiscreti di pubblico e roditori.
Un binario morto mai ristrutturato, un passaggio segreto dopo la banchina, e cosi’, quando gli ultimi passeggeri salgono sul vagone, PAC e Workhorse – i due fondatori – si addentrano nel buio dei tunnel armati di bombolette spray.

Chi l’ha detto che la metropolitana e’ rifugio solo di ratti e viaggiatori?
L’Underbelly Project, questo il nome dell’inziativa, va avanti ormai da due anni, arrivando a coinvolgere piu’ di 100 artisti. A ciascuno e’ concessa una sola notte per dare sfogo alla creativita’, dopodiche’ non potra’ piu’ entrare nella galleria.
L’umidita’ gioca un tiro mancino all’arte dei graffiti, rendendone difficile la conservazione.
E mentre si cerca di preservarne la riservatezza, alcuni curiosi, lanterne alla mano, sono stati arrestati mentre cercavano invano di localizarne l’entrata.


http://www.theunderbellyproject.com/

domenica 29 agosto 2010

51 E Park Place 10279



Non si parla d’altro: alla radio, in tv, sui tutti giornali, l’attenzione e’ monopolizzata da una palazzina al n.51 di Park Place, appena due isolati piu’ a nord rispetto a dove un tempo svettavano le Torri Gemelle.
Accese polemiche riguardano la nascita di un centro culturale islamico, corredato di moschea, nel luogo che i new yorkesi considerano sacro: Ground Zero.
L’iniziativa nasce dalla volonta’ di un comunita’ islamica gia’ attiva nella zona e dalla loro guida spirituale, l’Imam Feisal Abdul Rauf, devoto divulgatore del sufismo.
Il sindaco Bloomberg appoggia entusiasta l’idea, seguito dal Presidente Obama; contrari Sarah Pallin dall’Alaska, l’ex sindaco Giuliani e tutta l’ala repubblicana.
L’opinione pubblica si divide: una recente manifestazione ha visto i sostenitori delle due diverse fazioni affrontarsi dai lati opposti della strada mentre rivendicavano entrambi di essere “la vera America”.
E se il 55% dei cittadini si dice favorevole ad una moschea nel proprio quartiere, il 61% e’ contrario al centro islamico ai piedi di Ground Zero.
Dati contrastanti: se la ferita delle Torri si sta rimarginando, il conflitto col mondo islamico e’ ancora aperto.


giovedì 29 luglio 2010

Play me, I'm yours




Non e’ mai la stessa musica, a New York.
Iniziare la giornata con Imagine o Blowing in the Wind, ascoltarle nelle piazze, nei giardini, negli angoli di strada, note che si rincorrono tra Manhattan, Brooklyn e il Bronx.
La Grande Mela e’ invasa da nuove melodie: 52 pianoforti sono collocati in diversi luoghi della citta’, invitano turisti e cittadini a cimentarsi con i tasti bianchi e neri.
Play Me, I'm Yours ("Suonami, sono tuo") è l’iniziativa frutto della creatività dell'artista inglese Luke Jerram, il quale ha voluto portare la musica a contatto con i cittadini: "I pianoforti sono come tele bianche che stimolano la creatività individuale. Sarà interessante vedere che talenti si aggirano a New York".
L’idea non nasce in una sala da concerto, bensi’ in una lavanderia a gettoni: “Ogni week-end vedevo sempre le stesse persone, ma nessuna di queste parlava tra loro” si legge nel blog. “Capita spesso di condividere gli stessi spazi, pur rimanendo in silenzio”.
Il pianoforte diventa quindi strumento di comunicazione, attraverso il linguaggio universale della musica.
Gli strumenti, collocati nei cinque quartieri della Grande Mela (29 nella City, 10 a Brooklyn, cinque nel Queens e quattro nel Bronx e a Staten Island) hanno gia’ fatto il giro del mondo passando per Londra, Sydney e San Paolo.
Ora e’ il turno di New York, prima tappa del tour americano. Dalle 9 del mattino alle 10 di sera, chiunque potra’ cimentarsi nel suonare sotto il ponte di Brooklyn, tra le luci di Times Square o davanti al Metropolitan Museum.
E intanto la musica compie la sua piccola magia: Julie, 45 anni, ha ascoltato per la prima volta la figlia suonare: “Va a lezione da mesi, ma non possiamo permetterci un piano a casa. Cosi’ l’ho sentita in un parco: mi sono commossa”.
A progetto concluso, i pianoforti verranno donati in beneficenza alle scuole e agli ospedali di New York.

giovedì 15 luglio 2010

laNewyorkina


laNewyorkina nacque in una notte estiva,
quando Luglio si sedette alla mia porta
aspettava borbottando fresco il sole,
ma le stelle disegnarono le orme
di un mattino ancor piu’ fresco di colore.
laNewyorkina e’ il ghiacciolo che si scioglie,
tra le dita appiccose di un bambino
era li’ tutto orgoglioso sullo stecco,
ora e’ zucchero filante sotto al pesco.
Di melone o di cilantro, o forse mango,
il ricordo non frastorni ne’ vi inganni,
in questo posto dove tutto puo’ accadere, che nel dubbio, 
qui difatti, spesso accade.
laNewyorkina va curiosa per le scale
che a salire io mi persi sul terrazzo,
arrivai dopo il tramonto del palazzo,
e non m’accorsi che d’altra parte c’era il mare.
E ripercorrere le stanze della notte,
a diritto e a rovescio oppur ritroso,
non si stanca di passato ne' di sonno,
che a sognare non si stanca mai il mattino.
laNewyorkina io mi son dimenticata,
perche’ ero venuta e dove stavo andando
ma ho trovato una realta’ con cui giocare,
spremendo forte tra gli spicchi della vita,
e inventarmi una storia ad ogni giorno,
per poter crescere all’ombra dei dolci anni.
laNewyorkina adesso non chieder piu’,
che un bel giorno ne verremo pure a capo,
di questo posto e di un inspiegabil sogno,
di ragnatele, e ragioni e professioni,
che degli incontri di magia si fa regina. 



mercoledì 14 luglio 2010

Fifth Avenue 5 am

Holly Golightly e’ una di noi.
Gli occhiali scuri e il tubino nero, si specchia nelle vetrine piu’ famose della Fifth Avenue, sgranocchia danish cake alle cinque del mattino. Del film “Colazione da Tiffany”, tratto dall’omonimo romanzo di Truman Capote, e’ la scena piu’ célèbre, girata all’alba del 2 ottobre del 1960.
Una “nuova donna” si affaccia sul panorama americano anni Sessanta, come spiega Sam Wasson nel suo ultimo libro “Fifth Avenu 5 a.m.”: tra rivelazioni e pettegolezzi inediti, Wasson ci conduce dietro le quinte del film-culto del cinema Americano, illustrando un’acuta riflessione sulla nuova identita’ della donna made in USA.
Holly, tra signorilita’ socialmente imposta e sentimento di emancipazione, si destreggia con un passato da dimenticare e l’alba di una nuova femminilita’: intrattiene rapporti ambigui con accompagnatori generosi o carcerati che la informano sul bollettino meteo, ma non rinuncia alla propria indipendenza, dolcezza, genuinita’.
L’incontro con lo scrittore Paul "Fred" Varjak, l’onesta amicizia che ne nasce, salvera’ entrambi: Fred tornera’ a comprare inchiostro per la macchina da scrivere, Holly si sentira’ libera, finalmente amata per quel che in fondo e’: una ragazza.
E pensare che le cose potevano andare molto diversamente, se Marylin Mooroe avesse accettato la parte (lei la prescelta da Capote per la “signorina della sera”) se Audrey Heupburn avesse rifiutato di addentare una danish cake, o se “Moon river” non fosse divenuto il romantico leit motive del film (che vinse due Oscar per Canzone e Colonna sonora)
Con “Colazione da Tiffany” la figura di nuova donna si impone, ora ironica eppur sognatrice, ora forte ma anche vulnerabile e romantica. Davanti a quelle vetrine ci specchiamo tutte noi, ragazze curiose, principesse in perle e chignon, lasciata alla spalle la festa, arriviamo in punta di piedi, continuiamo a giocare a ridere a sognare.
Holly Golightly e’ tutte noi, e’ se stessa, e’ nessuna.
Non piu’ Cenerentola in carrozza, ma moderna Miss su un taxi giallo.
E se Holly Golightly insegna, Carrie Bradshaw ringrazia.




Moon River --  wider than a mile,
I'm crossing you in style some day.
Oh, dream maker, you heart breaker,
wherever you're going I'm going your way.


Two drifters off to see the world.
There's such a lot of world to see.
We're after the same rainbow's end--
 
waiting 'round the bend,
my huckleberry friend,
Moon River and me.

martedì 15 giugno 2010

New Subway


Rivoluzione nei trasporti urbani new yorkesi: la metropolitana cambia faccia.
Me me accorgo un lunedi’ mattina, quando, ancora insonnolita, scopro con dispiacere che il local train che tante volte mi ha portato a Down Town, caro vecchio W, non esiste piu’. Andato.
Brutto scherzo giocato dalla stanchezza, penso, ma invece le cose stanno proprio cosi’.
Dopo decenni di quotidiano tran tran, la cartina della metropolitana si rinnova, in colori, percorsi e dimensioni: lo sfondo color sabbia si tinge di verde, trasformando Manhattan in un’immensa prateria.
Alcune linee cambiano colore, mentre la V, la 9 e la W passano a miglior vita, arevuoire.
Le dimensioni, gia’ poco realistiche, si accentuano  ancor piu’ nella “mancata” proporzione: Brooklyn e’ sempre piu’ grande e sempre piu’ vicina alla City, Staten Island, quinto quartiere dimenticato, quasi sparisce tra il delta del fiume.
Non mancano le lamentele di passeggeri impreparati: qualcuno s'e’ perso nel Queens cercando il JFK, mentre irriducibili nostalgici reclamano il ritorno allo sfondo sabbiato: pare non riescano piu' a distinguere dove si trovi Central Park.

mercoledì 5 maggio 2010

The Artist is Present


Si e’ conclusa questa settimana al museo di Arte Moderna di New York la performance della artista serba Marina Ambramovic: “The Artist is Present”. L’artista ultra-sessantenne e’ rimasta seduta per oltre 70 giorni di fronte ai visitatori, compiendo la piu’ lunga performance-live mai realizzata nella sua carriera di artista (un totale di 716 ore e 30 minuti).
La Ambramovic e’ nota al pubblico per le controverse performance che hanno caratterizzato la sua carriera, molte delle quali mettono in scena il nudo integrale: in “The man with skeleton” uno scheletro umano e’ adagiato sul corpo del performer; in “Luminosity” una donna nuda iscritta in un cerchio di luce, e’ sospesa in aria, unico appoggio un sellino di bicicletta; in “Imponderabilia” i visitatori sfiorano i corpi nudi dei performers che ostruiscono un passaggio.
“The Artist is Present” rappresenta pero’ la prima performance in cui si realizza un rapporto diretto con il pubblico: i visitatori sono incoraggiati a sedersi in silenzio davanti all’artista, divenendo cosi’ essi stessi protagonisti e co-artefici della performance.
Un incontro intimo, imprevedibile, emozionante. Alcuni si sono soffermati per pochi minuti, altri per ore o intere giornate. Tra i volti noti (in ordine di apparizione): Lou Reed, Sharon Stone, Isabella Rossellini, Bijork, Kim Cattrall.
Il risultato e’ un arcobaleno di emozioni: pianti, sorrisi, tanta commozione.
L’artista stessa e’ rimasta emotivamente molto provata: “Il senso della performance e’ nello spazio tra artista e spettatore, uno spazio in cui niente – o forse tutto? – puo’ accadere”.

http://www.moma.org/interactives/exhibitions/2010/marinaabramovic/

mercoledì 17 marzo 2010

everypersoninnewyork

Jason e’ un fantasioso ragazzo del Michigan, zaino in spalla e matita tra le dita, e’ approdato sull’isola di Manhattan per dar vita ad un ambizioso progetto: fare il ritratto a tutti i new yorkesi.
Nel suo blog “Every person in New York”, spiega dettagliamente come entrare nel censimento grafico della Grande Mela: scegliere un luogo pubblico, museo, ristorante o panchina, comunicargli la coordinate con ventiquattr’ore di anticipo, appostarsi per due minuti, e voila’ il gioco e’ fatto.
Terminata la posa, il disegno e’ postato sul blog dell’artista, dove – con vanita’ di whorliana memoria - ognuno vedra’ esauditi i propri minuti di celebrita’.
Per adesso l’obietivo e’ lontano. Sono migliaia i bozzetti realizzati ma ben piu’ numerosi gli abitanti della Grande Mela: quasi 8 milioni di persone si svegliano ogni mattina a New York.
Ed io, ogni mattina, guardo tra le pagine del blog per vedere se sono stata ritratta, ma ahime’ Jason ancora non deve avermi incontrata.
Ad impresa compiuta, si terra’ una gran festa in cui ci incontreremo tutti, celebrando il risultato con innumerevoli brindisi e milioni di strette di mano.

Jason Polan

http://everypersoninnewyork.blogspot.com/
DIARIO#18 PUBBLICATO SU A N.22 3/6/2010