mercoledì 30 novembre 2011

Questioni di mancia



Il Signor Rossi si sente tirar per la giacchetta, li’ fuori dalla porta, mentre si accende una sigaretta. 
Il cameriere col grambiule bianco lo incalza: “Sir, i conti non tornano!” Rossi e’ interdetto: fastidiose questioni di mancia.
Italiano medio di media statura, Rossi esprime un sincero disappunto per questa primitiva usanza: le ‘tips’, non incluse nel conto, arrivano con il dolce, cosi’, a tradimento.
Ma quel che a Rossi sfugge e’ della mancia il valore: economico, sociale, semantico. E’ il prezzo del servizio, metro di giudizio, insindacabile comunicazione: pollice alto per un servizio impeccabile, pollice verso per il maldipancia.
La mancia e’ il valore del lavoro, che qualcuno ha detto, “nobilita l’uomo “. Ma Rossi di questo se ne infischia.
Il cameriere lo riconduce alla cassa, mentre tutto il ristorante si volta a guardare.

mercoledì 23 novembre 2011

L'albero della parrucchiera #3


Un felice Thanksgiving a tutti! 

Anche dall'albero della parrucchiera.

domenica 6 novembre 2011

I volti di OWS

Nessun dorma a Zuccotti Park.
Le tende azzurre non ci sono più, i ragazzi di Occupy Wall Street tornano a casa a passare la notte.
Per due mesi gli indignati americani hanno occupato la piazza, protestando contro corruzione e crisi finanziaria, lobby d’interessi e ricchezza elitaria, creando un fenomeno senza precedenti a New York. Da un rettangolo di cemento questa voce si è espansa in tutto il mondo.
Adesso le cose sono cambiate: gli indignandos non possono più accamparsi e dormire a Zuccotti Park, solo ritrovarsi come semplici passanti che si incontrano e discutono. Ora che le tende sono state sgomberate, assieme ai sacchi a pelo e ai materassi che invadevano la piazza, riusciranno i ragazzi di Occupy Wall Street a continuare la loro protesta pacifica contro l’ingiustizia sociale?
I manifestanti continuano a ritrovarsi sotto i raggi rossi di Joie de Vivre, una scultura in metallo sul lato sud-est di Zuccotti Park. Cala la sera e con essa il silenzio, ma è un silenzio forte, pieno di speranze, il silenzio di chi non si arrende.
Sono le sette e l’Assemblea Generale ha finalmente inizio.
“Mick check! Mick check!” grida una voce. “Prova microfono”, ma qui di microfoni non ce ne sono. La voce di una persona sola, ripetuta e amplificata dalle tante voci di Occupy Wall Street, conquista la piazza. L’eco accende l’atmosfera: “Siamo il 99%!” E’ una spazio democratico questo, senza leader, senza gerarchie.
Ma chi sono questi ragazzi? Chi c’è dietro la voce unanime che ripete senza sosta gli slogan del movimento? Chi si nasconde dietro la maschera di Anonymous?
Dana ha 17 anni, tante lentiggini su un viso pulito, l’aria imbronciata di chi ha già visto un mondo che gira storto.
Ha preso il treno da Patchogue, nella Contea di Suffolk, Queens, ed e’ venuta a Zuccotti Park per rivendicare i propri diritti di liceale. “Voglio prendere parola all’Assemblea Generale, dire basta a privilegi di pochi, a corruzione e iniquità. C’è un insegnamento di serie A e uno di serie B, e la mia educazione ne è penalizzata”. Stasera Dana gridera’ “Mick check” e tutta la piazza, in coro, parlerà con lei.
Sonny se ne sta in disparte, i capelli avvolti in un turbante blu. Ha una laurea in Educazione e Giustizia sociale, si interessa di musica e coesistenza tra popoli.
“Ho subito molte discriminazioni nella vita, ora voglio un mondo più equo. Conduco una lotta non violenta contro il capitalismo e le multinazionali, contro la divisione tra ricchi e poveri, contro ogni forma di prevaricazione, come questo sgombero: noi non ci arrendiamo”.
Sonny non ha mai passato le notti a Zuccotti Park, preferendo tornare a casa. “Ma ogni mattina sono sempre qui, per contribuire fisicamente a questo movimento. Andiamo avanti con la nostra disobbedienza civile”. L’importante è esserci.
Capelli riccioli che spuntano da un cappello calato all’indietro, Alik sembra il ragazzo pulito del Texas, cresciuto tra bufali e prateria. Invece è un ragazzo di Brooklyn, nato non lontano da qui.
A Zuccotti Park lucidava scarpe per racimolare qualche dollaro. Che cosa farà adesso che il villaggio in miniatura degli indignados è stato spazzato via? “Questa e’ stata come una casa per me, mi sono fatto tanti amici e ho trovato qualcuno che puo’ ospitarmi. Ma sono deciso a ritornare qui ogni giorno”.
Il lucido da scarpe e’ sempre li’. Alik parla, discute e fa business a Zuccotti Park. Nel tempo libero protesta.
Avi è un attivista e aspirante scrittore di Honolulu che ha rivestito un ruolo importante nei due mesi di occupazione.
E’ un ‘facilitator’, un arbitro sopra le parti che modera i momenti di discussione. Al tramonto riporta quanto detto all’Assemblea Generale.
“L’Assemblea è il vero momento di incontro del popolo di Occupy Wall Street, un momento necessario, in cui le tante voci di Zuccotti Park si uniscono”.
Alik e Avi, entrambi indignati, appartengono alla stessa piazza, eppure non potrebbero essere più diversi. Rappresentano una contraddizione tutta interna a Occupy Wall Street, che si risolve nella comunione di intenti: continuare la protesta. Forse non si sono neanche mai incontrati.
Avi parla di coesione: “E’ importante che ci sia democrazia di idee: nessun leader, nessuna struttura, non un portavoce. Siamo tutti leader, e così disorientiamo media e autorità”. 
La polizia, infatti, ha incontrato non poche difficoltà a trovare un interlocutore. I tentativi di compromesso politico sono naufragati di fronte al rifiuto di eleggere un portavoce dei manifestanti. Questa impossibilità di confronto è stata una dei fattori che ha convinto il sindaco Bloomberg della necessità di sgomberare. Quando i poliziotti distribuiscono i volantini con le nuove regole e i nuovi divieti, i manifestanti li trasformano in origami.
La protesta di Wall Street, priva di leader e di gerarchie, ha in realtà due fondatori.
Ispirata dalle Primavere Arabe, dall’occupazione di piazza Tahrir al Cairo, e dagli indignados di Madrid, ‘Occupy Wall Street’ nasce dalla mente di David Graeber e di Kalle Lasn.
Antropologo statunitenste con aspirazioni anarchiche, Graeber e’ docente al Goldsmiths College di Londra nonché autore del libro “Debito: I Primi 5,000 Anni”, un’inusuale analisi sullo scambio e sul valore. E’ stato lui a creare lo slogan “We’re the 99%” che unisce sotto un’unica bandiera le proteste di tutto il mondo.
Lasn e’ il fondatore di Adbuster, rivista anticonsumista canadese, che ha lanciato, alla meta’ di Luglio, l’appello ufficiale ad occupare Wall Street. Adbuster ha fissato luogo e data, 17 Settembre, ma e’ stato poi Graeber a guidare il movimento, conducendolo a Zuccotti Park.
Lungo il marciapiede est della piazza i manifestanti alzano cartelli contro i banchieri, quell’1% che dalla crisi ha tratto profitto.
Dietro ad un tavolo coperto di volantini, incontriamo Nathan, un ragazzo del Texas che si è unito alla protesta da poche ore. “Questo sgombero ci ha reso solo più forti”. Nathan è un web designer freelance di scarso successo - colpa della crisi, dice - che si guadagna da vivere con qualche lavoretto qua e là. Dorme nel suo camper per non pagare un affitto che comunque non potrebbe permettersi. Una vita itinerante la sua, da Austin fino a Zuccotti Park. Risponde con disarmante schiettezza alle nostre domande: “Temete l’inverno?” “Nient’affatto, non lasceremo la piazza. Zuccotti Park è un simbolo e noi, che siamo il 99%, apparteniamo a questo posto. New York è il centro nevralgico di questo movimento, ed io volevo esserci”.
Poco distante c’e’ Bill, docente all’Università di Pittsburgh, ora al suo anno sabbatico, confessa di aver avuto qualche perplessità quando il movimento è nato. L’organizzazione nebulosa non prometteva un progetto di lunga durata. “Poi ho visto alcuni video su youtube in cui i poliziotti aggredivano i manifestanti durante la marcia a Times Square. Ho anche guardato il sito web di Occupy Wall Street, ho trovato un programma più definito e ho capito che le intenzioni erano serie. Così ho deciso di unirmi alla protesta”.
A Zuccotti Park, Bill era volontario presso la libreria, un altro piccolo simbolo di autogestione democratica che è stato smantellato assieme alle tende. Stesse sorte è toccata alla mensa, al centro informazioni e alle bancarelle dei vestiti usati.
Dopo un giorno passato tra le voci e le diverse realtà che compongono Wall Street, rimangono però molte questioni irrisolte.
Come verrà indirizzata la protesta ora che la piazza è stata sgomberata? Quale sarà il prossimo passo? E soprattutto: riuscirà Occupy Wall Street a superare l’inverno?
Le voci dei protagonisti di sovrappongono e si mescolano, non riuscendo però ad unirsi in una richiesta chiara, logica, mirata. Un punto di forza, dicono in molti, eppure è la piazza stessa ad accorgersi di come l’indeterminatezza costituisca un pericolo.
“Stasera l’Assemblea cercherà di definire un’agenda” spiega Bill, che forse di tanta pluralità inizia solo adesso a vedere il limite.
Su un solo punto tutti sembrano essere d’accordo: questo è solo l’inizio. 

Photo Credit: Davide Bernardi | www.davidebernardi.it
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